No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20081204

wendy


Dear Wendy – di Thomas Vinterberg 2005

Giudizio sintetico: si può vedere

Dick vive a Estherslope, anonima cittadina degli Stati Uniti, col padre minatore e la tata di colore Clarabella. E’ un ragazzo intelligente, ma timido e riservato, con pochi amici. Si ritiene un perdente. Si professa pacifista convinto.
Un giorno, per caso, si ritrova possessore di una pistola che lui ritiene essere giocattolo. Dopo la morte del padre, e l’abbandono della casa da parte della tata, rimane solo nell’appartamento che dà sulla piazza chiamata Electric Park. Porta sempre con se la pistola, gli dà sicurezza. Lavora all’emporio sotto casa, insieme ad un altro perdente, Stevie. Quest’ultimo, quando scopre la pistola di Dick, si rivela un grande esperto d’armi, e gli rivela che non è affatto un giocattolo.
Nasce un’amicizia forte, insieme alla presa di coscienza che le armi danno loro sicurezza. Decidono di fondare un club, i Dandies, nel quale coinvolgono altri tre “losers”, Susan, figlia della proprietaria di un negozio di cianfrusaglie (sempre ubicato sulla Electric Park), Huey, privo di gambe, ma appena dotato di protesi, e il suo amico Freddie, vessato e picchiato in continuazione a scuola. Ognuno si procurerà una pistola (pistole, nel caso di Susan), le darà un nome (quella di Dick si chiamerà Wendy, e il pretesto narrativo, che dà il titolo al film, è una lettera che Dick scrive alla sua pistola, lettera che si snoderà nel percorso del film, e verrà narrata da una voce fuori campo); il club si dà delle regole ferree, e sarà un club di pacifisti con la pistola, che sparano solo al chiuso. Almeno finchè l’equilibrio non viene rotto da Sebastian, il nipote di Clarabella, affidato a Dick dallo sceriffo Krugsby per redimerlo (il ragazzo ha ucciso una persona) e tenerlo a bada, come in una specie di libertà vigilata.

Vinterberg, che ricordiamo con estremo piacere per averci regalato quella perla di cinema cattivo nei sentimenti che fu “Festen”, co-fondatore del “Dogma 95” insieme a Lars Von Trier, dopo essersi cimentato con un cast hollywoodiano in “Le forze del destino” cambia ancora direzione, e spiazza ancora una volta. Intendiamoci, il film è grottesco fino al non-sense, e qualcuno potrebbe chiedersi, guardandolo, che diavolo sta a significare. Ma, oltre che ben fatto, il film ha un tocco affascinante e pone interessanti quesiti sul comportamento umano in presenza di armi, tema molto attuale oggigiorno in tutto il mondo (non ultimo il referendum brasiliano sul possesso personale). Ovviamente, lo fa in modo canzonatorio, com’è usuale nei registi che sono passati dal Dogma (e che lo hanno abbandonato poco dopo, a cominciare da Von Trier). Il protagonista è Jamie Bell, l’indimenticabile Billy Elliot, cresciuto ma sempre bravo, come il resto del cast. Fotografia e scenografia impeccabile.
Per chi ama la sperimentazione, e il western rivisitato.

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