No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120115

Tinker Tailor Soldier Spy


La talpa - di Tomas Alfredson (2012)

Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: popò d'attrighìo dé

Siamo all'inizio degli anni '70, la Guerra Fredda è la realtà di tutti i giorni. Dopo una missione disastrosa in Ungheria, il capo dell'MI6, il servizio segreto britannico, Control, e il suo braccio destro George Smiley, sono destituiti. Control muore contemporaneamente agli eventi, Smiley viene in pratica messo in semi-pensionamento. Ma presto si capisce che nella cupola del Circus (nome "alternativo" del direttivo dell'MI6), adesso costituito da Percy Alleline, Toby Esterhase, Roy Bland e Bill Haydon (quest'ultimo da sempre contrapposto a Smiley per questioni personali), c'è una talpa che passa informazioni al KGB, o addirittura prende ordini dal servizio segreto russo.
Direttamente dal Ministro addetto, tramite un potente politico, Smiley viene re-investito di poteri investigativi: è l'unico in grado di scoprire chi è la talpa, stanarla e metterla in grado di non nuocere.

Non informatissimo sul film al quale avevo assistito (non è il mio genere favorito), quando ho letto la scheda di presentazione (in Spagna c'è pure questa ottima abitudine, all'ingresso, abitudine che in Italia esiste solo in qualche sala d'essai) stentavo a credere che il regista fosse lo svedese che, nel 2009, ci aveva "regalato" il ruvido, asimmetrico, interessantissimo Lasciami entrare. Non perché questo La talpa sia un brutto film, anzi, ma per la pulizia, l'attenzione ad una trama complessa, la direzione attenta di un cast di grandi e grandissimi attori. E invece, il regista è proprio lo stesso.
Tratto da un romanzo di John le Carré, e fortemente autobiografico, era già stato trasposto sullo schermo, quello piccolo, nel 1979, tramite una miniserie della BBC (solito titolo originale, solo con le virgole in più: Thinker, Tailor, Soldier, Spy, stesso titolo originale del libro, parafrasi di una filastrocca inglese per bambini, le cui parole vengono usate come soprannomi e abbinate ai sospettati, particolare che si capisce molto bene nella versione originale, non so che stratagemma sia stato adottato nella versione italiana, di certo non era una cosa semplice), il film è naturalmente uno spottone per la candidatura di Gary Oldman (George Smiley) all'Oscar (attore che, per quanto mi riguarda, avrebbe dovuto essere insignito della statuetta già ai tempi del Dracula di Coppola), ma è sicuramente un film che appassionerà gli amanti della spy-story. Elegante, british quanto basta, da quanto so piuttosto fedele al libro, è un film di ottima fattura, dal punto di vista tecnico, della fotografia e della sceneggiatura, forse un pochino tirato per le lunghe, che, proprio come il libro, tenta di disegnare la figura di questo agente segreto molto umano, non certo un James Bond, triste nell'anima per ragioni personalissime, ma ligio al dovere per quanto riguarda il lavoro. Teso, come dev'essere una storia ambientata nel mondo dei servizi segreti durante la Guerra Fredda, dal ritmo lento, complesso e naturalmente percorso da flashback, il film come detto vede un cast importante (Mark Strong, John Hurt, Toby Jones, Ciaràn Hinds, un ottimo Colin Firth nei panni del viscido Bill Haydon), dove oltre al già citato Gary Oldman brillano, in ruoli secondari ma importanti, il sempre elegante Benedict Cumberbatch (il grande Sherlock Holmes della miniserie BBC, un prodotto che secondo il mio modesto parere surclassa i due Holmes di Guy Ritchie) nei panni di Peter Guillam, e l'emergente (e onnipresente negli ultimi tempi, secondo solo a Ryan Gosling) Tom Hardy nei panni muscolari di Ricki Tarr. Cameo per John le Carré (è uno degli ospiti al party natalizio).

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